La collezione Autunno Inverno 2024/25 di SAN ANDRÈS MILANO pone al centro dell’analisi un guardaroba incentrato sullo studio dei volumi neutri, capi capaci di essere indossati dal corpo maschile o femminile, una vestibilità over-size dal concetto genderless, reminiscenze dell’infanzia dove non esistono pregiudizi ma solo la voglia di essere sé stessi.
L’infanzia è proprio la protagonista dell’ispirazione del designer di origini messicane: un ricordo apparentemente lontano fatte di scene care alla memoria di Andrès Caballero, fondatore e direttore creativo del brand, ma comuni a molti. L’impazienza di entrare nel mondo degli adulti, il giocare ad indossare i vestiti della mamma o il completo d’ufficio del papà, divertendoci a rappresentare un ruolo o un altro, alla ricerca di avventura e con immaginazione traboccante.
Una volta cresciuti per davvero, immersi nella quotidianità e nella complessità della vita, ci rendiamo conto che l’infanzia non ha età, ma è piuttosto uno stato d’animo senza tempo e man mano che gli anni passano, dobbiamo conservarla.
La silhouette SAN ANDRÈS MILANO prende ispirazione dalla classica sartoria italiana ma Andrès gioca con dettagli spruzzati in cristalli Swarovski e piume di struzzo sopra tessuti nobili che vanno dalla lana al cashmere con tocchi di lamé.
Con questa speciale collezione l’intenzione del designer è quella di preservare ed alimentare l’eterno bambino che è in ciascuno di noi.
ABOUT THE DESIGNER
Andrès Caballero, nato a Città del Messico nel 1981, arriva in Italia nei primi anni 2000 per studiare moda. Dopo diversi anni in cui la voglia di scoprire e affermare la propria personalità artistica e professionale lo porta in giro tra Inghilterra e Francia, decide di tornare al suo primo amore – Milano – dove sceglie di stabilire la sua vita privata e professionale.
SAN ANDRÈS MILANO mescola l’immaginario affettivo del designer messicano, con l’indiscutibile tecnica sartoriale di stampo tipicamente italiano.
“Prima ancora che un fashion designer, sono un sarto tradizionale”.
PH CREDITS: LORIS PATRIZI